Virata dittatoriale del Presidente somalo
Shukri Said – Primavera Africana – Ieri è stata superata, sia pure solo formalmente, una delle più gravi crisi della pur brevissima storia (appena due anni) della Repubblica Federale somala con un apparente passo indietro del Presidente della Repubblica Federale Hassan Sheikh Mohamud in ossequio alle parole del Presidente del Parlamento Mohamed Osman Jowari.
E’ accaduto che lo scorso 10 luglio era stato nominato a capo dell’Intelligence il discusso Abdullahi Mohamed Cali (Sanbalolshe – narici all’insù, arrogante), ritirato, quale ambasciatore somalo a Londra, su consiglio del Foreign Office per le sue espressioni inappropriate.
Abdimalik Yusuf Mohamud a destra in una foto del processo del 2013 concluso con una prima condanna
Per due mesi Sanbalolshe ha avuto mano libera a Mogadiscio e sotto il suo regno sono state chiuse Radio Shabelle e Sky FM Radio. Ancora oggi l’editore Abdimalik Yusuf Mohamud è ristretto nel carcere centrale di Mogadiscio assieme al Direttore Responsabile Mahamud Mohamed Dahir Arab e al capo del personale Mohamed Abdi Hassan.
Invece il Capo Redattore Mohamed Bashir Hashi, colui che diffuse su Youtube l’intervista a Fadumo Abdulkadir Hassan, la giornalista di Kasmo Radio (la Radio delle donne) stuprata da Abdicasis Africa, ufficiale della polizia politica, e dal poliziotto Jebril Abdi, rimane chiuso nella sede della Polizia Politica dove è stato pestato e torturato per ottenere da lui accuse contro gli alti vertici di Radio Shabelle e Sky FM.
Mohamed Bashir Hashi
Sono state chiuse anche Radio Kulmiye e Radio Simba e sono stati arrestati diverse personalità dell’opposizione ed un parlamentare fra cui il capo del Partito dell’Unità e Democrazia Ali Mohamed Nuh Timojili (capelli lisci).
Da giorni, poi, la stampa di Mogadiscio è risultata noiosamente piatta, senza notizie sull’operato del governo, sui progressi nella lotta agli Al Shabab, sull’attività che attende il Parlamento. Solo un’eterna propaganda delle glorie di Damul Jadid.
Questa totale omologazione al silenzio è il frutto di un incontro che Mohamud, il Ministro della Giustizia Farah Abdulqadir ed il Procuratore Generale della Repubblica Ahmed Ali Dahir hanno avuto a Villa Somalia con gli esponenti della stampa, già ammaestrati dal destino delle altre emittenti.
Nel corso dell’incontro Mohamud ha sottolineato che il Paese non è pronto per la democrazia e che lui ed i suoi consiglieri sono convinti che un team ristretto debba governare per far risorgere la Somalia.
Mohamud, grazie ai metodi di Sanbalolshe, ha seminato il panico a Mogadiscio e si è attribuito poteri non sono suoi, disattendendo la Costituzione e volendo concentrare su di sé tutti i poteri come fece Morsi in Egitto.
In questo quadro lo scorso 7 settembre un Consiglio dei Ministri urgente, indetto dal PM Abdiweli Sheikh Ahmed , ha deciso la rimozione di Sanbalolshe, ma la decisione non è stata ratificata da Mohamud che lo ha, anzi, invitato a difendere il suo posto innescando così l’inedito conflitto istituzionale.
Ieri, dopo due settimane, finalmente Mohamud ha desistito dalla protezione di Sanbalolshe soprattutto per l’intervento del Presidente del Parlamento Jowari che lo ha fortemente sconsigliato di presentarsi alla riapertura dell’Assemblea legislativa dopo le ferie estive senza prima aver risolto il problema ed avvertendolo che altrimenti lo avrebbe atteso una vera e propria rivolta parlamentare.
Ma la capitolazione è risultata solo una finta. Essendo all’estero il Primo Ministro Abdiweli per riunioni a Londra ed Oslo, Mohamud si è arrogato il potere – che per Costituzione non gli spetta – di nominare il nuovo capo dell’intelligence scegliendo il Presidente della Corte Suprema Militare Abdiraham Turyare (piccolo gobbo), famoso per il giustizialismo più sfrenato: basta una maldicenza tra militari per incorrere nella pena di morte.
Suona piuttosto ridicolo e patetico che il maestro di inglese Mohamud aspiri al ruolo di dittatore dalla sua stanza di Villa Somalia, lontanissima dai bisogni del paese.
Dalle sue finestre si assiste agli abusi delle truppe ugandesi e burundesi di AMISOM, accusate da Human Rights Watch di stuprare le donne somale sfollate che si rivolgono alla loro sede per avere cibo e medicine per curare i lori figli. Tutte le denunce sono state insabbiate. Anzi le donne che denunciano gli stupri in divisa vengono trattate da diffamatrici e condannate, come insegna la storia di Fadumo Abdulkadir Hassan.
In tutto questo l’ONU di Nicholas Kay risulta assente. Non ha preso alcun provvedimento sull’arresto dei giornalisti, degli attivisti, dei parlamentari, né sullo stupro delle donne e dei minori. Non dà notizie sugli sviluppi della road map che dovrebbe portare fra due anni alle elezioni universali.
Mentre il Monitory Group dell’ONU ha accusato ripetutamente Mohamud di malversazione e appropriazione dei soldi pubblici nonché di aver comprato il ruolo di Presidente della Repubblica Federale con i soldi del Qatar – accusa che da sola basterebbe ad annullare la sua elezione – l’ONU di Mogadiscio non interviene. Anzi, sembra assistere indifferente mentre l’esercito somalo viene addestrato dai consiglieri internazionali, ma è formato soprattutto da uomini dello stesso subclan di Mohamud, anticamera di una nuova tirannia e promessa di un’altra guerra civile.
La Somalia non può che rinascere sul rispetto dei diritti fondamentali di tutte le persone.
Chi ha sbagliato deve pagare e tanto per cominciare Mohamud e suoi consiglieri Farah Abdulqadir e Abdikarim Hussein Guled devono rilasciare e risarcire gli esponenti di Radio Shabelle e Sky FM Radio ed i loro 62 dipendenti che da due mesi sono senza lavoro e senza stipendio.
Le libertà di stampa e di espressione devono essere immediatamente ripristinate e devono cessare le minacce e le intimidazioni sui giornalisti, gli attivisti ed i parlamentari.
L’ONU e la comunità internazionale non possono accettare, da Paesi donatori e garanti della road map, che sotto i loro stessi occhi si instauri una nuova dittatura di Damul Jadid in Somalia.
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