Renzi sfida all’Europa: «Serve una svolta su immigrazione e crescita»
«O l’Europa cambia direzione di marcia o non esiste possibilità di sviluppo e di crescita». E poi: «O l’Europa è in grado di assumere la battaglia contro la disoccupazione o non ci sarà alcuna stabilità possibile». Questa la sfida che Matteo Renzi lancia all’Unione illustrando alle Camere le linee programmatiche del semestre di presidenza italiana della Ue, aggiungendovi un affondo, forse in termini mai così secchi, sull’immigrazione. Se sulla drammatica pressione migratoria sul nostro Paese, dice il premier, «dobbiamo sentirci dire: ”il problema non ci riguarda“, rispondiamo tenetevi la vostra moneta, ma lasciateci i nostri valori. Non basta avere una moneta, un presidente in comune, una fonte di finanziamento comune, o accettiamo destino e valori in comune o perdiamo il ruolo stesso dell’Europa davanti a se stessa».
Strettamente legato all’obiettivo di portare in Europa «un’Italia unita e forte», anche alla luce delle scorse elezioni, è il pacchetto di riforme da attuare in mille giorni – scadenza il 27 maggio 2017 – che il premier annuncia, affiancando ai temi europei il discorso sul programma interno del suo governo. «L’Italia – dice Renzi – intende presentarsi al semestre con un pacchetto unitario per il quale indichiamo un arco di tempo quasi triennale, mille giorni, in cui individuare, già entro l’1 settembre, in modo esplicito come cambiare il fisco, lo sblocca Italia, come intervenire dai diritti all’agricoltura, dalla Pubblica amministrazione al Welfare, come migliorare il Paese». Così – osserva il premier – l’Italia andrà a Bruxelles con «un pacchetto di riforme puntuale, specifico, in grado di abbracciare la legislatura e chiedendo in cambio un riconoscimento di quella flessibilità che sta dentro le regole Ue».
Premesso che «l’Italia non chiede di violare la regola del 3%, a differenza di quello che fece la Germania in passato», Renzi ha sottolineato che «viola il trattato chi parla solo di stabilità, non chi parla di crescita. In questi anni – ha aggiunto – si è affidatoalla moneta il compito di costruire l’Europa. Ma la moneta unica non basta. La grande maggioranza degli europei è convinta che la politica economica ha messo al riparo l’euro ma non ha consentito alla Ue di crescere e fortificarsi. Non si può fingere di non vedere il risultato elettorale come un campanello d’allarme».
In questa logica e alla luce delle nomine che si dovranno fare al vertice della Ue, il premier ha osservato: «Oggi siamo a un bivio molto importante. Il futuro dell’Europa non dipende da chi mettiamo a fare il presidente. Prima diciamo dove andiamo e poi chi guida. Non possiamo accettare che la discussione dei nomi sia solo una presa d’atto del risultato elettorale, bisogna riflettere che più che l’indicazione di un presidente è in gioco il futuro della Ue. Chi immagina che il gap di democraticità si colmi solo indicando Junker o un altro vive su Marte». La scelta di tenere a Ypres, città simbolo della Grande Guerra, il Consiglio Europeo di domani e venerdì, fa evocare a Matteo Renzi che «l’Europa era una polveriera, una carneficina. Oggi non lo è più, ma non può essere solo la terra di mezzo della burocrazia dove si vive di cavilli, di vincoli e parametri. Milioni di persone non sono morte perché noi ci azzuffassimo intorno ad un parametro». E se le grandi tragedie del passato del Continente sono ormai alle spalle, il presidente del Consiglio mette l’accento su quella che, invece, si vive quotidianamente alla frontiera mediterranea della Ue, e afferma: «L’Europa dovrà avere la forza di gestire in modo unitario e condiviso ciò che sta accadendo nel Mediterraneo internazionalizzando l’intervento umanitario con un investimento molto forte in Frontex». Lamentato che sull’immigrazione si sono viste nella Ue prese di posizione «al limite della xenofobia», il premier ha concluso che «la civiltà di andare a salvare vite umane non può essere appannaggio di un solo Stato. Chiediamo al Parlamento un mandato per esigere un cambiamento della politica di immigrazione in Europa».
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