Migranti, il giovane somalo suicida: le regole che uccidono concordate a Dublino
di SHUKRI SAID – repubblica.it – – Aveva 19 anni, si chiamava Maslah Mohamed ed era nato in Somalia. S’è impiccato a un albero nel parco di via Fiorucci, a Pomezia. Da gennaio alloggiava nel centro di accoglienza per richiedenti asilo del quartiere “Roma 2”, poco distante dal luogo in cui è stato trovato morto. Non aveva amici né parenti ed era profondamente depressoROMA – Si chiamava Maslah Mohamed, aveva diciannove anni ed era nato in Somalia. Lo hanno trovato morto, un paio di giorni fa, impiccato a un albero nel parco di via Fiorucci, a Pomezia. Da gennaio alloggiava nel centro di accoglienza per richiedenti asilo del quartiere “Roma 2”, poco distante dal luogo in cui è stato trovato morto. Non risulta avesse amici, né familiari. Ai suoi compagni di stanza aveva confidato di convivere con una profonda depressione, legata al suo passato nel paese d’origine.
Quel sogno di futuro che gli è mancato. Come tanti altri prima di lui era sbarcato per la prima volta in Italia, lasciando l’Africa e si era poi trasferito in Belgio. Ma le regole europee di Dublino, in base alle quali l’asilo va chiesto nel primo paese europeo di arrivo, l’avevano riportato in Italia. Qui alloggiava in un centro di accoglienza di Santa Palomba, a sud di Roma, organizzato dai volontari di Baobab Experience senza null’altro da fare che far scorrere il tempo. La noia, l’incertezza del futuro, il tempo della giovinezza che scorre senza il sogno di una prospettiva di miglioramento devono essergli sembrati un peso insostenibile e la mattina di due giorni fa è stato trovato impiccato all’albero di un parco vicino alla struttura dove alloggiava. Maslah, in somalo, vuol dire “soluzione” e lui l’ha trovata, a modo suo.
La grande “voragine” dell’integrazione. Un’altra vittima delle regole che l’Europa Unita si appresta a celebrare per il suo sessantesimo compleanno. Maslah Mohamed non aveva con sé documenti ed è stato riconosciuto dai volontari che gli davano ospitalità. Ora il suo corpo si trova nell’obitorio dell’Università di Tor Vergata e il suo rimpatrio sarà un problema dell’Ambasciata di Somalia. Solo la comunità senegalese si è organizzata tassandosi proprio per affrontare gli ingenti costi che il rimpatrio delle salme dei connazionali comporta. La morte di Maslah Mohamed ripropone in termini perentori il problema dell’accoglienza. Se Mare Nostrum, Frontex e Triton sono state e sono ammirevoli per come affrontano i salvataggi dei migranti in mare, alle loro spalle non c’è mai stata alcuna valida organizzazione dell’accoglienza e, anzi, vicende come Mafia Capitale lasciano intravvedere una speculazione sulla pelle dei più poveri del mondo che suscita indignazione.
Solo centri detentivi. Le varie sigle in cui si articola la ricettività degli immigrati – CIE, CARA, CPA, CPSA, i nuovi Hotspot, gli Hub regionali – non disegnano tanto una mappa articolata di luoghi di approdo e di attesa, bensì significano solo centri di detenzione amministrativa o, nel migliore dei casi, ricoveri quasi di fortuna, senza alcun progetto di integrazione, di ricostruzione psicologica e ricreativa per chi ha attraversato viaggi disumani fitti di atrocità e di violenza. Non vi si insegna la lingua italiana, non vi si insegna un lavoro, non vi si insegnano le regole del vivere nella comunità italiana, lasciando questa parte derelitta dell’umanità preda degli sfruttatori e della malavita. Da questo vuoto organizzativo spuntano le voci della “paura del nero” su cui il populismo costruisce le sue fortune. Nel nord Europa l’accoglienza e l’integrazione non sono così assenti. Sono strutturate ed organizzate spesso in modo eccellente man mano che si procede verso nord.
L’attrazione verso il Nord Europa. Ecco perché quegli Stati sono così attrattivi per gli immigrati e perché l’Italia è vista quasi sempre come un Paese di passaggio. Alle aspirazioni degli immigrati di integrarsi e di partecipare attivamente alla ricchezza della nazione ospitante si frappongono le regole di Dublino e verosimilmente proprio per non radicare in Italia tutti gli immigrati che vi approdano, non viene apprestata alcuna valida accoglienza per loro, così di fatto sospingendoli a nord. Le regole di Dublino devono essere abolite affinché lo spazio di Schengen sia vero e reale per tutti gli abitanti d’Europa e non una discriminazione verso i più deboli. Contemporaneamente l’Italia deve organizzare un sistema di accoglienza e di integrazione che sia pari al nord Europa.
Il gioco del cerino. In questo gioco del cerino che conducono i Paesi europei sul numero degli immigrati da accogliere e sulla qualità della loro integrazione rimangono stritolati i soggetti più deboli, quelli sui quali lo sradicamento dalla patria e dagli affetti,
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