Immigrazione,Viminale: «ius soli» ai figli dei rifugiati nati in Italia
Con una mossa a sorpresa il ministero dell’Interno introduce lo jus soli. L’acquisizione della cittadinanza a causa del fatto di essere nati in Italia viene da tempo invocata a partire dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e dal premier Matteo Renzi.
Nell’attesa di una legge problematica da licenziare in Parlamento in tempi brevi – sarebbe una rivoluzione, trappole e cavilli politici salterebbero fuori ovunnque – il clima politico però è cambiato dopo le elezioni europee.
E ieri, alla Camera, nella sala del Mappamondo si è svolto un convegno dell’Anfaci-associazione nazionale dei funzionari civili dell’Interno sul diritto d’asilo dove c’erano, tra gli altri, i prefetti Bruno Frattasi (presidente Anfaci), Ignazio Portelli (segretario generale), Riccardo Compagnucci (vicario del dipartimento Libertà civili e Immigrazione), Mario Morcone (già capo dipartimento Libertà civili). Alla fine del dibattito la novità è stata annunciata dal sottosegretario all’Interno Domenico Manzione (Pd), renziano, con delega all’immigrazione.
«Stiamo mettendo a punto una circolare interpretativa – ha spiegato il sottosegretario – ormai quasi pronta e in emanazione a breve scadenza, per riconoscere la cittadinanza italiana a coloro che sono figli di chi ha ottenuto la protezione internazionale». Un istituto con due status: quello di rifugiato, o in alternativa, la protezione sussidiaria. Forte dell’esperienza di magistrato e di giurista, Manzione sta preparando la circolare estendendo il diritto alla cittadinanza, per i figli di chi ha protezione internazionale, in analogia al riconoscimento che ora già spetta ai figli degli apolidi (per i genitori invece resta l’iter ordinario).
Proprio l’attuale normativa (legge n. 5 febbraio 1992, n.91) stabilisce all’articolo 1 che è «cittadino per nascita» – oltre a chi è figlio di padre o madre cittadini italiani – anche «chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi»: condizione, quest’ultima, che definisce «una persona che nessuno Stato considera come proprio cittadino» come si legge sul sito del ministero guidato da Angelino Alfano.
Se dunque per le norme sulla cittadinanza apolidi e rifugiati possono essere considerate condizioni analoghe avremo presto una prima applicazione dello jus soli. La platea degli interessati, del resto, per ammissione dello stesso Manzione «è ristretta». Secondo stime di fonti qualificate del Viminale, in effetti, si tratta di duecento persone al massimo. Non è questione di cifre, però, ma di un atto con un valore simbolico e politico indiscutibile. Una sfida che potrebbe risultare alla fine vincente, nonostante le inevitabili polemiche, proprio perché riguarda numeri ridotti.
Se dunque per le norme sulla cittadinanza apolidi e rifugiati possono essere considerate condizioni analoghe avremo presto una prima applicazione dello jus soli. La platea degli interessati, del resto, per ammissione dello stesso Manzione «è ristretta». Secondo stime di fonti qualificate del Viminale, in effetti, si tratta di duecento persone al massimo. Non è questione di cifre, però, ma di un atto con un valore simbolico e politico indiscutibile. Una sfida che potrebbe risultare alla fine vincente, nonostante le inevitabili polemiche, proprio perché riguarda numeri ridotti.
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