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Immigrazione, Erdogan tiene in scacco l’Unione Europea

L’accordo europeo con Ankara sull’immigrazione deve contenere anche un riferimento alla “libertà di stampa. Altrimenti noi non firmiamo”.

AGGIORNAMENTO:

I capi di Stato e di governo si sono dati dieci giorni per concludere in via definitiva l’accordo con la Turchia per fronteggiare l’afflusso di migranti verso l’Europa. L’obiettivo è un’intesa entro il vertice Ue del 17 e 18 marzo. Non sono state sufficienti 12 ore di discussioni per un compromesso conclusivo sulla proposta di Ankara: in cambio della disponibilità a ospitare tutti i migranti economici irregolari che hanno raggiunto la Grecia, il premier Davutoglu ha chiesto il raddoppio del contributo finanziario europeo (da 3 miliardi a 6 miliardi), l’accelerazione della liberalizzazione dei visti ai turchi per la libera circolazione nell’Unione e l’apertura di nuovi capitoli nel negoziato per l’ingresso nell’Unione europea. Inoltre, una delle condizioni chieste dalla Turchia per una gestione comune del flusso di migranti è che, per ogni siriano riportato in Turchia, la Ue si impegni ad accogliere un altro rifugiato siriano proveniente dai campi profughi turchi. Sarebbe questo un modo per disincentivare i pericolosi viaggi in mare verso le isole greche. In sostanza, c’è un accordo di principio con la Turchia, ma restano vari punti non secondari ancora da chiarire.

L’accordo europeo con Ankara sull’immigrazione deve contenere anche un riferimento alla “libertà di stampa. Altrimenti noi non firmiamo”. E’ quasi sera a Bruxelles quando Matteo Renzi lancia il suo ultimatum sul tavolo dei 28, riuniti per siglare l’intesa con la Turchia sulla gestione dell’emergenza profughi nei Balcani, in modo che non arrivino nel continente. E’ la fine di una giornata convulsa, che aggiunge un altro disperante tassello al processo di disgregazione dell’Ue.

I turchi si presentano decisi ad alzare la posta, a chiedere più soldi (3 miliardi in più), a chiedere l’accelerazione dell’ingresso di Ankara nell’Ue e la liberalizzazioni dei visti europei per i cittadini turchi a partire da giugno. Solo con questo pacchetto, dicono, si assumeranno il compito di prendersi gli ‘illegali’ entrati in Europa, tenersi quelli intercettati sulle proprie coste e accogliere i profughi che affollano le isole greche, anche i siriani. A patto che l’Ue ne accolga altrettanti dalla Turchia, previa registrazione nei campi profughi turchi. Un boccone indigesto, soprattutto per i paesi dell’est indisposti a riaprire il capitolo delle ‘riallocazioni’. Nel pomeriggio già si capisce che l’intesa potrebbe saltare per aria. A tarda sera – almeno fino a quando pubblichiamo questo articolo – le previsioni più accreditate suggeriscono che la discussione verrebbe rimandata al prossimo consiglio europeo del 17 e 18 marzo.

Ufficialmente è la libertà di stampa in Turchia a bloccare tutto: il commissariamento del quotidiano di opposizione Zaman da parte del governo, con annessi scontri di piazza e arresti, è solo l’ultimo episodio del genere sotto il governo Erdogan. Renzi comunque su questo tema va fino in fondo. E’ lui infatti a lanciare l’ultimatum, sostenuto subito dal premier lussemburghese Bettel, quello belga Michel. Prima, altri leader avevano solo sollevato la questione. Al pranzo a base di sformato di sedano e carote e filetto di sogliola, David Cameron esprime “preoccupazione per la libertà di stampa” in Turchia. Arrivando al vertice Francois Hollande afferma che “cooperare con la Turchia non vuol dire che accettiamo tutto, dobbiamo essere vigili…”. Alza il sopracciglio anche l’Alto Rappresentante per la Politica estera Ue Federica Mogherini: “In quanto paese candidato a entrare nell’Ue, la Turchia deve rispettare gli standard più alti per quanto riguarda la democrazia e le libertà fondamentali, a cominciare da quelle di espressione e associazione”. E il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz solleva la questione nel colloquio con il premier turco Ahmet Davutoglu: “La libertà dei media è un elemento principale della nostra identità europea e non è negoziabile”.

Ma, libertà di stampa a parte, le nuove proposte di Ankara rimbalzano sul muro dei paesi dell’est che non hanno mai attuato il piano Juncker di redistribuzione dei rifugiati dai paesi di primo approdo (Italia, Grecia) e non vogliono riaprire la questione. Non sono disponibili insomma a prendersi i profughi registrati nei campi turchi, una delle condizioni poste da Ankara per accogliere i migranti che affollano le isole greche. E’ l’Europa dei muri che non molla. Il premier ungherese Viktor Orban ha posto il veto alla proposta dei turchi. L’Austria si è presentata al vertice chiedendo il blocco totale della rotta balcanica, in posizione ostinata e contraria a quella di Angela Merkel, decisa a difendere i patti con la Turchia proprio per evitare di consegnare Schengen al passato. Ma l’imbarazzo che avvolge i turchi in questo vertice chiama in causa proprio la Cancelliera.

Innanzitutto, Angela Merkel è l’unica a non fare alcun accenno al tema della libertà di stampa in Turchia. Solo nel pomeriggio il suo portavoce da Berlino sostiene che “la libertà di stampa per il governo ha una grande importanza ed è tema ricorrente in ogni incontro con esponenti turchi”. Stop. Ma soprattutto insieme all’olandese Mark Rutte, Merkel è l’unica tra i 28 a non essere sorpresa della scelta di Ankara di alzare la posta. Uno shock per quasi tutti i leader e per la stampa, tranne che per lei. Lei sapeva delle nuove condizioni poste dalla Turchia. Perché le ha discusse per ben sei ore con Davutoglu, in un vertice a tre insieme a Rutte, iniziato domenica a cena e durato fino alle 2.45 del mattino.

Del resto, la Cancelliera è stata fin dall’inizio la ‘cerimoniera’ dell’accordo con la Turchia, vitale per spezzare la rotta dei profughi diretti in Germania. E’ stata lei a portare tutto il Consiglio Ue ad approvare la somma di 3 miliardi di euro per la Turchia, già a novembre scorso. Ora Ankara ne vuole altri 3 di miliardi per il 2018 e soprattutto chiede di entrare al più presto nell’Ue, con tutto il fardello di Zaman e le altre azioni di repressione della libertà di stampa. I turchi non se ne curano. In più chiede la liberalizzazione dei visti verso l’Ue: un altro boccone difficile da digerire per i 28, soprattutto per i francesi che hanno già subito attentati terroristici. Ma anche per tutti gli altri, allarmati dall’allerta infiltrazioni terroristiche proprio dai Balcani (è il caso italiano). Infatti, la Turchia ha una politica dei visti ‘aperta’ verso i paesi islamici. E questo è un problema per l’Ue. “Quanto meno, il Parlamento turco dovrebbe rivedere le regole”, avverte Schulz.

L’allarme libertà di stampa esalta e allo stesso tempo cela le altre divisioni sul campo. I 28 valutano se prendorsi un po’ di giorni per pensarci. Fino al consiglio europeo di primavera che in realtà dovrebbe (doveva?) discutere delle proposte della Commissione Ue per modificare il regolamento di Dublino. Cioè per fare in modo che i paesi di primo approdo come l’Italia non siano costretti a dare asilo a tutti i profughi che arrivano, bensì che prevalga un piano di distribuzione in tutti i paesi dell’Unione. Ora il rischio è che salti davvero tutto per aria.

fonte: http://www.huffingtonpost.it/2016/03/07/immigrazione-erdogan_n_9401512.html






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