Immigrati, venticinque anni fa la prima emergenza umanitaria
L’8 agosto del 1991 sbarcarono a Bari oltre 20mila albanesi che s’erano imbarcati sulla Vlora, partita dal porto di Durazzo. Da allora a oggi, come è “cambiata” l’immigrazione
C’è una foto che rappresenta un vero e proprio spartiacque nella storia recentissima d’Italia.
È quella di una nave mercantile, stracarica di oltre 20mila clandestini a bordo, che attracca al porto di Bari dopo una fortunosa e spericolata traversata che era cominciata dall’altra parte del Mare Adriatico, a Durazzo. È l’immagine della nave Vlora che sbarca in Puglia insegnando all’Italia, in tutta la sua crudezza, il dramma dell’immigrazione.
Era l’otto agosto del 1991, giusto venticinque anni fa. In un sol colpo arrivarono in Italia migliaia e migliaia di persone che fuggivano dalle macerie lasciate in Albania dall’ultraortodosso regime comunista di Enver Hoxha, padre padrone del Paese delle Aquile, talmente ligio al credo marxista da arrivare a “scomunicare” l’Urss di Nikita Krusciov (con l’abbandono, nel 1968 del Patto di Varsavia) e poi la Cina del post-Mao (con la rottura ufficiale dei rapporti diplomatici nel 1976). Il regime gli sopravvisse di pochissimo, Hoxha morì nell’aprile del 1985. Quattro anni dopo, il crollo del Muro di Berlino diede la spallata finale al socialismo shqipetari e il suo successore, Ramiz Alia, s’incaricò della transizione dal socialismo reale alla democrazia.
Con la riapertura delle frontiere, gli albanesi si riversarono in Italia. L’esodo inizia nei primi mesi del 1991, quando decine e decine di fuggitivi sbarcano a Brindisi. È ad agosto, però, e nel porto di Durazzo, che si scrive la storia.
L’equipaggio della nave mercantile Vlora sta scaricando lo zucchero che aveva imbarcato a Cuba. La folla forza recinzioni e cordoni e comincia a farsi largo sull’imbarcazione che, dopo l’ennesimo viaggio transatlantico era a dir poco malridotta. Il comandante della nave, Halim Milaqi, è costretto a ripartire dalla furia degli albanesi che sognano solo di raggiungere l’Europa e l’Italia che hanno imparato a conoscere dalla televisione. La nave Vlora, sovraccarica di uomini, donne e bambini, raggiunge Bari. Sono ore di panico, il sistema di accoglienza e la macchina dei soccorsi va in tilt, mai s’erano viste 20mila persone, tutte insieme, sbarcare in Italia. Le scene, riprese dai giornali e dalla televisione, si imprimono a fuoco nella mente degli italiani. Un esodo, biblico. Come non ce n’erano mai stati.
A distanza di venticinque anni dall’episodio più clamoroso, il dibattito sull’immigrazione verso l’Italia è apertissimo e infervora gli animi. I numeri, quelli ufficiali, sono impietosi. Nel 1991, secondo quanto riporta il Quaderno Statistico pubblicato a giugno dalla commissione nazionale per il diritto d’asilo in seno al ministero degli Interni, furono proposte 28.400 richieste la maggior parte delle quali (oltre 21mila) provenienti proprio da cittadini di nazionalità albanese. In senso assoluto, rispetto a quanto accadrà negli anni successivi, pochissimi.
Oggi, dopo un quarto di secolo, i numeri rimangono altissimi e superano – globalmente – quelli degli anni ’90. Con riferimento ai soli richiedenti asilo (e non alla totalità degli sbarchi), si è passati dalle circa 30mila richieste proposte nel 2013 alle 63mila domande del 2014 che, nel 2015, sono aumentate ulteriormente arrivando a quasi 83mila. Cifre che danno il senso di una vera e propria emergenza che s’è andata acuendosi drammaticamente negli ultimi anni.
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