Immigrati imprenditori, linfa vitale alla nostra economia
Il rapporto del Centro Studi e Ricerche Idos fa piazza pulita della retorica xenofoba: a fine 2013 in Italia si contavano 497.080 imprese condotte da cittadini stranieri. Producono il 6,1% del valore aggiuntoHanno maggiori difficoltà a ottenere un prestito, ma nonostante la crisi aprono più imprese di quante ne chiudano. Offrono servizi, salvano mestieri in via di estinzione e contribuiscono positivamente a mandare avanti l’economia. Sono gli immigrati imprenditori, fotografati dal Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2014 realizzato dal Centro Studi e Ricerche Idos.
Lo studio, basato sui dati del 2013, fa piazza pulita dei luoghi comuni della retorica xenofoba tanto diffusa in Europa che vede gli immigrati solo come un peso per il welfare dei paesi in cui vivono.
La realtà è molto diversa. L’Italia, il paese delle piccole e medie imprese, è anche lo Stato membro dell’Ue con la maggiore presenza di imprenditori immigrati, un sesto dei 30,5 milioni censiti da un’indagine Eurostat. A fine 2013 nella Penisola si contavano 497.080 imprese condotte da cittadini immigrati. L’8,2% del totale.
E mentre gli imprenditori italiani continuano ad essere falcidiati dalla crisi quelli immigrati aumentano, apportando linfa vitale al tessuto economico. Tra la fine del 2011 e la fine del 2013 le imprese guidate da italiani sono diminuite dell’1,6%. Quelle facenti capo a persone nate in un altro paese invece sono aumentate del 9,5%. «Un tale andamento – si legge nel rapporto – induce a confidare nella possibilità (oltre che nell’opportunità) di un loro ulteriore supporto al sistema economico-produttivo italiano (e dei paesi d’origine)».
In sei casi su dieci si tratta di imprese che operano nel settore del commercio e dell’edilizia, in cui per iniziare non sono necessari grandi capitali. Ottenere un prestito infatti è più difficile per un imprenditore non italiano, ma in compenso spesso ci sono fitte reti familiari e comunitarie che forniscono anche un sostegno finanziario. In ogni caso, scrivono gli autori del rapporto, «la regolarità nei pagamenti è più elevata rispetto a quella degli italiani”.
Non mancano poi gli imprenditori artigiani, che svolgono mestieri in via di estinzione perché scarsamente praticati dagli italiani e che così salvaguardano un patrimonio di tradizioni e conoscenze.
Inoltre i cittadini stranieri che lavorano nell’imprenditoria contribuiscono a internazionalizzare il sistema italiano. Secondo una recente indagine del Cnel il 16% delle imprese immigrate intrattiene contatti con i paesi di origine degli imprenditori, aprendo il paese a scambi commerciali fruttuosi.
In conclusione le imprese condotte da immigrati sono una ricchezza per l’economia. In Italia producono il 6,1% del valore aggiunto. Le potenzialità sono state sottolineate anche dalla Commissione europea nel Piano di Azione “Imprenditorialità 2020”. Tocca alla politica creare le condizioni legislative per sviluppare appieno queste potenzialità, ma per fare questo bisogna prima liberarsi della retorica xenofoba che dilaga in Europa.
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