Immigrazione, risultati e insuccessi della Presidenza italiana
rivistaeuropae.eu – Volge al termine il Semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’UE e, sui temi dell’immigrazione, è arrivato il momento dei bilanci. Le attese erano indubbiamente elevate, ma è vero che gli obiettivi indicati richiedevano forse un periodo superiore ai sei mesi. Il 5 dicembre, il Ministro dell’Interno Angelino Alfano ha presieduto l’ultimo Consiglio Giustizia e Affari Interni del semestre, occasione in cui sono stati evidenziati successi e insuccessi della Presidenza in materia d’immigrazione.
Tra i molti impegni annunciati figurava il rafforzamento di Frontex e il dialogo con i Paesi terzi di origine e di transito dei flussi migratori per combattere l’immigrazione irregolare e la criminalità transfrontaliera. In materia di asilo, l’Italia aveva posto l’accento sull’importanza di attuare il Sistema europeo di asilo e la normativa comune (in particolare il Regolamento di Dublino).
I Ministri degli Interni dell’UE hanno riconosciuto con soddisfazione quanto fatto per affrontare la questione migratoria. Primo fra tutti l’avvio dell’Operazione Triton, il 1° novembre, una missione europea coordinata da Frontex che mira a sorvegliare le frontiere mediterranee dell’UE. Riguardo la cooperazione con i Paesi terzi, sono stati ricordati i risultati delleConferenze Ministeriali euro-africane su migrazione e sviluppo, all’interno del Processo di Rabat e del nuovo Processo di Khartoum, aperto ai Paesi dell’Africa Orientale. In questi fora di dialogo, l’UE intende intervenire sulle cause strutturali dell’immigrazione irregolare, cercando soluzioni di lungo periodo.
Non ultimo in ordine d’importanza, il Consiglio ha parlato del bisogno di rafforzare l’impegno europeo sul programma di reinsediamento. Realizzato in collaborazione con l’UNHCR, il reinsediamento costituisce uno strumento efficace a disposizione dell’UE per dare risposte ai rifugiati con esigenze di protezione già chiaramente individuate. Su questo argomento gli Stati membri restano però fortemente divisi tra chi sostiene un’iniziativa collettiva e chi ritiene migliore un approccio volontario.
Sui temi dell’immigrazione, il Semestre italiano non è però immune a critiche. Al varo di Triton ha fatto seguito la decisione del governo italiano di chiudere Mare Nostrum nell’arco dei tre mesi successivi, provocando reazioni critiche anche dell’UNHCR. Triton, nata come missione di semplice pattugliamento e operativa fino a 30 miglia dalle coste italiane, non può infatti sostituire la missione umanitaria a bandiera italiana, un’operazione di ricerca e soccorso che hasalvato oltre 100.000 vite spingendosi a ridosso delle acque libiche.
Roma ha argomentato la scelta ricordando che Mare Nostrum era una misura di emergenza, con un costo tre volte superiore a quello di Triton. Tutto vero, ma le preoccupazioni di assistere ad altre stragi di migranti, purtroppo, non sono infondate. L’ultima tragedia nel Canale di Siciliaconta 18 vittime e conferma l’insufficienza dei mezzi di Triton, alla luce del ridimensionamento di Mare Nostrum e della sua prossima chiusura. «Il naufragio si è verificato a 40 miglia da Tripoli e a 100 da Lampedusa», ha sottolineato il Ministro Alfano a Bruxelles, dunque molto più vicino alla Libia che all’Italia. «Noi abbiamo ottenuto che l’Europa per la prima volta si occupi della frontiera di Schengen», ha aggiunto Alfano. «Mare Nostrum è stata un’operazione ad intero carico italiano, costata 114 milioni di euro, mentre l’operazione Triton è interamente a carico dell’Europa e non pesa sulle casse italiane».
L’Italia ha dunque saputo dare centralità al tema dell’immigrazione, mettendo in risalto l’importanza della cooperazione con i Paesi terzi. Lascia in eredità un approccio improntato ad agire sulle cause dell’immigrazione e i processi di Rabat e Karthoum rappresentano una base da cui partire. In campo normativo, tuttavia, non ci sono state evoluzioni significative. Il Regolamento Dublino III, dopo numerose modifiche, costituisce un sistema di asilo ancora scarsamente efficiente che fatica a trovare l’accordo di tutti gli Stati, proprio come nel caso della pratica di reinsediamento.
Infine, sebbene l’avvio di Triton sia stato acclamato come un grande risultato, non solo affronta l’emergenza limitandosi al controllo delle frontiere, ma ha messo il tema dei costi davanti alla salvaguardia delle vite umane. A queste condizioni è lecito domandarsi: quanto vale una vita?
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