Il Coraggio di Fadumo
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) ha voluto, quest’anno, in occasione delle iniziative per l’8 marzo, portare all’attenzione il caso di Fadumo Abdulkadir Hassan, giovanissima giornalista somala vittima di abuso e successivamente arrestata per aver preteso denunciare i suoi aguzzini.
Sensibilizzare, fare dibattito, raccontare la fierezza di una persona che resiste può rendere dignità alle donne che hanno subito offese, alcune volte estreme, per poter esercitare liberamente la loro professione di giornalista. E’ con questa convinzione che la FNSI e il viceministro degli esteri con la delega all’Africa, Lapo Pistilli, si sono impegnati per permettere, superando molte difficoltà, l’arrivo in Italia di Fadumo e la sua testimonianza durante l’incontro su “Giornalismo e violenza sulle colleghe nel mondo” organizzato a Roma dalla Commissione Pari Opportunità della FNSI. Una testimonianza che il segretario generale della FNSI, Franco Siddi, ha qualificato di vera lezione di giornalismo inteso come giornalismo a servizio della popolazione. Il caso di Fadumo racconta di un paese in cui le donne non hanno paura di esercitare il loro lavoro d’informazione, malgrado intimidazioni e aggressioni. E se vengono offese, si rialzano perché, come lo sottolineano il ministro Pistilli e l’ambasciatore Mazzella per la Somalia, combattere per i diritti delle donne significa combattere per la pace e la stabilità.
Fadumo avrà tra poco 20 anni. E’ dolce, minuta, sembra una bambina. Invece è una donna, forte e determinata. Coraggiosa. All’età di 15 anni, viene in contatto con il mondo del giornalismo radiofonico, si appassiona per questo mestiere e comincia a collaborare con diverse emittenti radio mentre prosegue gli studi. Vive ed esercita il suo mestiere di giornalista in situazione di conflitto. Lavora a Mogadisho per Kasmo Radio (la Voce delle Donne). Quando viene violentata, decide di denunciare l’accaduto benché i suoi aguzzini siano due esponenti della polizia politica. Una sua intervista concessa a Shabelle Media Network, diffusa su You Tube, porta il suo caso all’attenzione internazionale. Iniziano le minacce per lei e sua famiglia. Viene prelevata a casa e portata di forza in tribunale. Negata l’assistenza legale, gli è chiesto di convalidare una versione modificata dei fatti e scagionare gli autori della violenza. Si rifiuta e pretende la verità.
Fadumo, per aver sfidato chi voleva togliergli la voce, è allora arrestata, poi condannata. L’editore, il direttore e un giornalista di Radio Shabelle, accusati di aver diffuso l’intervista, sono arrestati, l’emittente chiusa e le apparecchiature di trasmissione distrutte. Gli autori della violenza, loro, sono ancora liberi.
Il primo studio mondiale sulla violenza e le minacce alle donne che lavorano nel mondo dei media, effettuato dal News Safety Institute e diffuso in parallelo al Forum Mondiale Genere e Media che si è tenuto a Bangkok in dicembre 2013, ha messo in rilievo che la maggioranza delle donne aggredite non segnalano l’accaduto. Fadumo l’ha fatto e l’ha fatto in un contesto estremo, in una situazione difficile, assumendo un enorme rischio. Ci ha dato una grande lezione sulla pratica dei diritti e sull’educazione alla legalità attraverso l’esempio e l’informazione.
Il ministro Pistilli, nel suo intervento durante l’incontro, ha messo l’accento su come il rispetto dei diritti delle donne e la libertà di informazione siano essenziali nel processo di riconciliazione e di ricostruzione democratica della Somalia. Purtroppo, la storia di Fadumo e l’appello lanciato dal direttore di Radio Shabelle, Abdi Mohamed Ismail, contro le aggressioni sistematiche subite dalla stampa indipendente tra uccisioni, arresti, intimidazioni, distruzione del materiale, descrivono una realtà drammatica. E la situazione potrebbe peggiorare se fosse approvato un progetto di legge lesivo dei diritti dei giornalisti presentato dal Consiglio dei Ministri somalo. Il riconoscimento dei diritti delle donne è stato inserito nella bozza di costituzione somala che dovrà essere sottoposta a referendum, ma la messa in opera delle azioni di supporto al cambiamento necessitano risorse ingenti in un paese in cui le istituzioni non presiedono il territorio. Vanno quindi stimolate le iniziative internazionali, in particolare a livello dell’ U.E.. Ci vogliono inchieste sulla situazione della stampa indipendente. Ci vogliono fondi per programmi di sostegno alla prevenzione della violenza contro le donne e alla protezione delle vittime. Ci vuole certezza del dritto e punizione degli aggressori. E ci vuole solidarietà.
Vedere Fadumo, presente e partecipe all’incontro, dà un significato intenso all’adesione della FNSI alla campagna “posto occupato” – campagna lanciata un anno fa da Maria Andaloro – con tutti questi drappi di stoffa rossa su sedie vuote, a ricordo di tutte le donne assenti, vittime di violenza.
Fadumo si ritrova oggi senza lavoro e rischia la vita nel suo paese. Dice che la situazione in Somalia non lascia speranza per il futuro ma che lei, in un futuro migliore, ci spera.
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